Che all’atto del divorzio di una coppia siano state stabilite delle condizioni non rappresenta certezza che tali condizioni siano immutabili: è infatti possibile modificarle o revocarle.
E ciò sia che riguardino l’affidamento dei figli sia che attengano alle condizioni economiche.
La modifica avviene su richiesta di uno dei coniugi e viene emessa dal Tribunale competente.
La condizione essenziale per ricorrere al provvedimento in questione è un cambiamento delle condizioni che hanno determinato la sentenza di scioglimento del vincolo matrimoniale.
È cioè necessario che sussistano giustificati motivi sopravvenuti.
Con riferimento all’affidamento della prole, ad esempio, si potrà richiedere un affido congiunto nel caso in cui quello esclusivo impedisca il diritto di visita riconosciuto all’altro genitore; oppure, all’opposto, si potrebbe voler sospendere un affido condiviso quando si abbiano prove inconfutabili che l’ex fomenti l’astio dei figli nei confronti dell’altro.
Tuttavia, la revoca del provvedimento sull’affidamento non presuppone sempre un comportamento “colpevole” da parte del genitore affidatario: si potrebbe anche richiedere la revoca per giustificati motivi, quando ad esempio una sopravvenuta malattia del coniuge affidatario gli impedisca di prendersi debitamente cura dei figli.
Rispetto invece alle questioni economiche, si potrebbe richiedere la revisione dell’assegno divorzile, ossia l’aumento o la diminuzione, se il contesto finanziario si è modificato, oppure se è necessario adeguare l’importo in relazione all’aumento dell’inflazione.
Così, ad esempio, l’avvio di una convivenza da parte del coniuge assegnatario può giustificare, da parte dell’altro coniuge, una richiesta di revisione dell’importo dell’assegno; e allo stesso modo l’avvio di una convivenza da parte del coniuge pagante può giustificare la medesima richiesta di cui prima, a fronte delle maggiori spese necessarie al nuovo nucleo familiare.
La richiesta della modifica può essere avanzata in ogni momento, tuttavia in entrambi i casi sopra citati, la decisione di sospendere l’erogazione della somma o di ridurne l’importo non può derivare dai coniugi, ma solo da una pronuncia del Tribunale.
Più ostica la questione se, qualora la sentenza di divorzio non preveda il versamento di alcun assegno, si possa procedere comunque ad una modifica delle condizioni e arrivare all’assegnazione del mantenimento (sempre per circostanze sopravvenute): secondo alcune tendenze sarebbe possibile, mentre altre interpretazioni escludono questa possibilità.
VEDIAMO ADESSO COME PROCEDERE PER OTTENERE LA REVISIONE DELLE CONDIZIONI DI DIVORZIO
Come detto, sia che si tratti dell’aspetto economico che dell’affidamento della prole, l’istanza di modifica va inoltrata al Tribunale da parte di uno dei due coniugi.
A meno che non si ricorra alla mediazione assistita.
Introdotta col D.L. 132/2014, la mediazione prevede di concordare la modifica delle condizioni di divorzio mediante un accordo da raggiungersi con l’assistenza di avvocati o – a certe condizioni – innanzi al Sindaco in qualità di ufficiale di Stato Civile.
Gli avvocati che assistono alla mediazione, che deve concludersi entro un un lasso di tempo prestabilito (comunque non meno di un mese dall’inizio della procedura), devono necessariamente essere uno per parte e non operanti nello stesso Studio Legale (per evitare conflitti d’interesse).
Essi hanno l’obbligo di trasmettere la copia autenticata dell’accordo all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto.
Se non ci sono figli minorenni, incapaci o portatori di handicap gravi, occorrerà ottenere il nullaosta del Pubblico Ministero (ma non è previsto un termine entro il quale esso vada richiesto).
Se invece ci sono figli minorenni, incapaci o portatori di handicap gravi, l’accordo deve essere trasmesso al p.m. entro e non oltre 10 giorni: questi rilascia autorizzazione oppure, entro 5 giorni, ritrasmette l’accordo al Presidente del Tribunale per ordinare la comparizione degli ex-coniugi.
L’accordo è sottoscritto dagli avvocati, che in questo modo ne garantiscono la conformità alle norme e autenticano le firme degli interessati.
Dunque, la negoziazione assistita incarna una risoluzione amichevole della controversia, grazie alla quale, affidando il compito ad un bravo avvocato divorzista (chi vive a Milano può trovarne tanti sul sito specializzato http://avvocato-divorzista.milano.it/), si può arrivare ad una modifica delle condizioni divorzili evitando le aule di Tribunale.
Solo nel caso in cui l’invito del coniuge a comparire in sede di negoziazione venga ignorato o palesemente rifiutato dall’altro, oppure quando sia impossibile pervenire ad un accordo, si giustifica il ricorso al Giudice (che terrà in considerazione l’eventuale “ostracismo” di colui che ha rifiutato).
Il Giudice procederà in camera di consiglio, ossia con un iter più celere e snello rispetto al consueto.
Tre rilievi:
- nel corso della fase istruttoria i mezzi di prova utilizzabili sono i più disparati: prova testimoniale, consulenza tecnica d’ufficio, relazione degli assistenti sociali, indagini patrimoniali e accertamenti della Polizia Tributaria, ecc.
- il procedimento relativo al rilascio del nulla osta o autorizzazione è esente dal contributo unificato di iscrizione a ruolo, e lo stesso dicai anche per il procedimento davanti al Presidente del Tribunale
- il provvedimento conclusivo può essere oggetto di reclamo in Corte d’appello.
Come anticipato, il D.L. 132/2014 prevede che la modifica delle condizioni di divorzio possa essere concordata anche innanzi al Sindaco, ma solo a due condizioni:
- che non si concordino trasferimenti di beni immobili, mobili o somme di denaro
- che non ci siano figli minorenni, incapaci o portatori di handicap gravi, o anche non autosufficienti dal punto di vista economico.