Diritti e doveri dei genitori sono indipendenti dallo “status” della coppia

Una volta che si diventa genitori lo si resta per sempre!

Questo, che potrebbe sembrare uno slogan, in realtà è il resoconto di un dato di fatto: i diritti e i doveri di un padre e una madre non dipendendo né derivano dal matrimonio o dalla convivenza, ma dal rapporto di filiazione, e questo significa che essi perdurano anche nel caso in cui le due circostanze or ora citate vengano meno.

Per cui, seppure la prole dovesse essere generata al di fuori del matrimonio (ad esempio all’interno di una convivenza), la coppia genitoriale avrebbe i medesimi doveri.

E lo steso dicasi in caso di cessazione del matrimonio per separazione e/o divorzio.

La bigenitorialità

Diritti/doveri che vanno esplicati da entrambe le figure genitoriali, indipendentemente da chi dei due dovesse ottenere l’affido, secondo il cosiddetto principio di “bigenitorialità”, da intendersi come partecipazione attiva di entrambi alla crescita del minore (e alle responsabilità e alle scelte che essa comporta), e non come mera eguaglianza numerica delle ore con lui trascorse.

Anche perché tra questi doveri figura pure quello di far crescere il bambino in famiglia mantenendo con lui rapporti significativi.

Dovere genitoriale che trova il suo corrispettivo nel diritto filiale di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore e i rispettivi parenti: dunque, anche quello che non convive con il figlio non deve mancare di essere presente in maniera costante e significativa.

In sostanza su istruzione, educazione, salute, e altre questioni di straordinaria amministrazione, padre e madre, a prescindere dal fatto che siano o meno sposati, o che convivano oppure no, conservano pari responsabilità e stesso diritto/dovere di pronunciarsi; per quelle ordinarie decide il genitore che in quel momento detiene l’affido del figlio.

Infatti, anche se a ben guardare la legge tende prevalentemente ad affidare i figli che frequentano la scuola dell’obbligo alla madre (a meno che sia lei, e non il padre, a svolgere un lavoro che le imponga di rivolgersi continuamente a terze persone per la custodia dei figli), è possibile che i minori vengano affidati a turno ad ognuno dei genitori, oppure che siano loro ad alternarsi nella casa familiare dove vive la prole. 

Non solo doveri morali, ma anche economici

I minori, tutti, godono dei diritti morali di cui si è detto (istruzione, educazione, presenza genitoriale), ma necessitano anche di essere mantenuti da un punto di vista economico.

A ben guardare, anzi, come ci spiegano gli avvocati matrimonialisti di Milano dello studio legale Arenosto, a cui ci siamo rivolti per comprendere quali siano gli effettivi doveri dei genitori, il bisogno di mantenimento perdura anche oltre il raggiungimento della maggiore età, fino a quando la prole non sia in grado di provvedere autonomamente al proprio sostentamento.

E anche gli obblighi finanziari vanno soddisfatti da entrambi i genitori, e a prescindere dal fatto che siano sposati o divorziati, in costanza di convivenza o al termine della stessa.

In questo caso il parametro che viene adoperato è quello delle rispettive capacità economiche, che vengono analizzate e stabilite dal giudice: quello dei due che non gode dell’affido stabile del figlio partecipa alle spese versando un assegno mensile, l’assegno di mantenimento, incorrendo nel reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare qualora dovesse esimersi.

Questo per quanto concerne le spese “cicliche”, di routine… ma nel momento in cui ci fossero spese straordinarie, imprevedibili o eccezionali?

Di regola andrebbero divise equamente tra padre e madre, a meno che non ci siano stati degli accordi diversi.

E questo ci permette di introdurre l’importanza di accordi scritti e dettagliati.

Innanzitutto perché consentono di vedere soddisfatti i diritti di ogni parte in causa, in primis quelli del minore, e successivamente quelli del genitore non affidatario che in questo modo si assicura la possibilità di partecipare pienamente e attivamente alla vita del figlio (soprattutto quando si siano calibrate attentamente le necessità di ognuno).

Poi perché verranno garantite maggiori tutele in caso di inadempienze, esistendo un titolo giudiziario del quale si potrà chiedere il rispetto.

E infine perché quanto più dettagliati e rispettosi delle esigenze concrete dei soggetti coinvolti sono gli accordi più è probabile che vengano approvati dal giudice.

Anche se è bene tenere presente che, per quanto si possa prevedere ed essere minuziosi, un accordo rimane sempre una guida di massima, giacché stabilendo le condotte della vita reale e concreta deve sapervisi adattare, coinvolgendo in primis l’esistenza del minore, variabile e in continua evoluzione per definizione (pure perché, se è possibile ricorrere alla modifica degli accordi al mutare delle circostanze, non si può pretendere che ciò accada anche per le questioni di “ordinaria amministrazione”).

Cosa succede invece nel momento in cui i genitori non riescono ad accordarsi in merito ad alcuni aspetti?

È il giudice a decidere, sia che si tratti di aspetti economici che di regolamentazione dell’affido e della frequentazione del genitore non affidatario, anche perché ahinoi non sono infrequenti i casi di persone che manipolano i rapporti tra i figli e l’ex coniuge/convivente per motivi di rancore personale, che nulla dovrebbero avere a che fare col ruolo genitoriale svolto da entrambi.

Inconsapevoli, o dimentichi, che il principio di bigenitorialità è stato istituito a tutela e vantaggio dei figli, che hanno diritto a mantenere un rapporto continuativo con entrambe le figure genitoriali e la rispettiva parentela, e non a loro svantaggio!!!