Diete “low carb”, cosa sono e come funzionano

Le diete “low carb” quelle, cioè, che introducono pochissimi carboidrati – hanno una serie di vantaggi, a cominciare, naturalmente, dal favorire una rapida perdita di peso.

Sono, inoltre, in grado anche di contrastare forme infiammatorie dell’organismo e di tenere sotto controllo il valore della glicemia.

  • Le caratteristiche delle diete “low carb”

Nel descrivere le diete “low carb” si deve partire dal fatto che questo tipo di regime alimentare ha un  limita o esclude quasi del tutto i carboidrati, quindi non sono consentiti pane, pasta, la frutta, i legumi e ogni tipo di prodotto dolce.

La percentuale di carboidrati in un qualsiasi altro trend alimentare è invece, piuttosto alta, visto che si parla da un quantitativo che corrisponde a circa il 55% e che può arrivare fino al 70%. Nelle diete “low carb” questa percentuale si riduce drasticamente, i carboidrati vengono sostituiti da grassi e proteine, che sono assunti in quantità diverse a secondo del tipo di dieta.

Nella dieta chetogenica si assume una maggiore quantità di grassi e per questo viene detta anche dieta “high fat“. In altre tipologie di diete “low carb“, invece si assume una grande quantità di proteine e, allora, sono dette diete “high protein” e tra queste la più famosa e conosciuta è la dieta Dukan, le più note sono la dieta dukan di 7 giorni e la dieta dukan dei 21 giorni. Scopriamo allora qualcosa in più su queste due tipologie di diete “low carb” a effetto rapido.

  • La dieta Dukan

Questa dieta “low carb” prende il nome da Pierre Dukan – il medico francese che l’ha ideata – e privilegia l’assunzione di proteine, ma non è solo questo che la caratterizza. Si divide in 4 fasi: attacco,crociera, consolidamento e stabilizzazione (per maggiori approfondimenti leggi https://www.dietadukan.it/dimagrire-con-il-metodo-dukan/i-principi-di-base/le-4-fasi-della-dieta-dukan) .

Nell’ideare questo regime alimentare, Dukan, infatti, è partito dal presupposto che non si debba limitare la quantià di alimenti assunti, quindi nella sua dieta si può mangiare senza limiti tutto quello che è concesso.

Per quel che riguarda la sicurezza della dieta dal punto di vista della salute, Dukan la garantisce sottolineando che con questo tipo di alimentazione, in pratica, si torna alla dieta naturale e sana degli uomini primitivi.

La dieta Dukan consente, come già detto, prevalentemente proteine, pochi grassi e solo ortaggi, eliminando le patate, per un totale di 100 alimenti consentiti. Attualmente ne esistono due versioni: quella che fa riferimento al primo schema originario e la dieta Dukan dei 7 giorni.

Il vecchio schema funziona seguendo la famose 4 fasi che iniziano con quella di attacco. E’ una fase che può durare da 2 a 7 giorni, in cui vengono concessi solo 72 alimenti che forniscono esclusivamente proteine e durante questo periodo di tempo è garantita una perdita di peso che va da 1,5 fino a 4 kg.

Nella seconda fase, alle proteine giià consentite si aggiungono 28 verdure e la promessa è quella di perdere una media di 1 kg a settimana.

Nella fase di consolidamento, la terza, si integrano alcuni alimenti che prima erano vietati e cioè frutta, pane, formaggio, farinacei. Il peso che può essere perso in questa fase è di circa 1 kg ogni 10 giorni.

L’ultima fase è quella della stabilizzazione: sono consentiti tutti gli alimenti, però i cucchiai di crusca da assumere ogni giorno arrivano a 3, mentre nelle altre fasi oscillavano tra 1 e 2,5 cucchiai al giorno.

  • Dieta Dukan dei 7 giorni: come funziona

La dieta Dukan dei 7 giorni propone invece un nuovo schema alimentare, sicuramente molto più semplificato, che Pierre Dukan ha creato per permettere di ottenere un dimagrimento importante senza fare rinunce esagerate e in tempi davvero molto brevi.

Questo nuovo schema è rivolto principalmente a chi ha poco peso da perdere e, appunto, vuole farlo velocemente e, inoltre, ha anche il vantaggio di vedere inseriti alimenti che nella vecchia formula erano, invece, proibiti.

La dieta Dukan dei 7 giorni funziona in questo modo: in ogni giorno della settimana si segue una fase con determinati alimenti consentiti.

Il lunedì¬ si inizia con la fase, cosiddetta, di mini attacco e gli alimenti consentiti sono crusca d’avena e proteine magre.

Il martedi si aggiungono le verdure, tranne quelle che contengono amido.

Il mercoledì si aggiunge la frutta, ma solo mele, pere, anguria, pesche ma non banane.

Il giovedì vede tornare il pane sulla tavola, che però deve essere solo integrale o semi-integrale.

Il venerdì si aggiunge il formaggio. Il sabato si aggiungono legumi e pasta, riso, patate.

La domenica, infine,è  la giornata di assoluta libertà alimentare.

Va sottolineato che, oltre a questo schema da seguire, la dieta Dukan dei 7 giorni prevede anche obbligatoriamente almeno mezz’ora di camminata da fare ogni giorno e che per la domenica è consigliato aumentarla fino ad un’ora. Solo in questo modo si arriva al risultato agognato: dimagrire senza fare troppe rinunce e vedendo scendere l’ago della bilancia in modo super rapido.

  • La dieta chetogenica dei 21 giorni

La dieta chetogenica dei 21 giorni è una dieta “low carb” molto seguita e famosa. Si basa sull’eliminazione quasi completa dei carboidrati e sull’assunzione di grassi in grande quantità, consentendo di ottenere un dimagrimento veloce, ma anche di guadagnare molto dal punto di vista energetico. Seguendo il menù della dieta chetogenica, in quella che è la sua prima fase, quindi mangiando solo proteine e vegetali, si arrivano a perdere anche 5 chilogrammi  in meno di 2 settimane. 

Il menù della dieta chetogenica dei 21 giorni si basa sull’assunzione di carne, pesce, ortaggi, frutta secca, latticini, uova, olio evo per condire, olio di cocco per cucinare. Per quanto riguarda la frutta, è ammessa solo quella che contiene poco zucchero, quindi via libera, ad esempio, ai frutti di bosco.

Tra gli alimenti vietati, invece, ci sono cereali, patate, legumi, tutti i tipi di prodotti confezionati e che, quindi, contengono zuccheri in grande quantità, comprese bibite, biscotti, caramelle. La dieta chetogenica dei 21 giorni vieta anche patate, carote, banane.

Sia la chetogenica che la dukan garantiscono di perdere peso in breve tempo, di ritrovare la forma senza quelle lunghe attese che, alla fine, fanno perdere la voglia di continuare. Tuttavia parliamo in entrambi i casi di diete che impongono delle rinunce nette quindi è bene capire sin da subito se il regime alimentare scelto è quello più adatto al proprio percorso di dimagrimento.

A proposito di cancro orale e tumori orofaringei

Il cancro orale inizia nella bocca, chiamata anche cavità orale. Questa regione del corpo comprende le labbra, il rivestimento interno delle labbra e delle guance, i denti, le gengive, la maggior parte della lingua, il pavimento della bocca e il palato duro.

Un cancro separato nella regione della bocca è chiamato cancro orofaringeo, che è un cancro alla gola. Il cancro dell’orofaringe può svilupparsi nell’orofaringe, la parte posteriore della gola dietro la bocca. Il cancro dell’orofaringe può includere la parte posteriore della lingua, la parte posteriore del palato, le tonsille e le pareti della parte superiore della gola. Anche il cancro orale e il cancro orofaringeo sono considerati tumori del collo e della testa.

Poiché il cancro orale e i suoi trattamenti spesso influenzano l’aspetto fisico del paziente e la capacità di mangiare e svolgere altre attività quotidiane, possono essere prese in considerazione tecniche ricostruttive chirurgiche.

Quali sono le cause del cancro orale o orofaringeo?

I fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di sviluppare il cancro orale o orofaringeo includono:

  • Consumo di tabacco e consumo di alcol, il fattore di rischio più significativo per queste malattie
  • L’esposizione alla luce ultravioletta, dall’esposizione prolungata al sole o dall’uso di lettini abbronzanti, aumenta il rischio di cancro alle labbra
  • Cattiva alimentazione, con diete povere di frutta e verdura
  • Scarsa igiene orale
  • Sindromi genetiche, in particolare anemia di Fanconi o discheratosi congenita
  • Infezione da papillomavirus umano (HPV)
  • Soppressione del sistema immunitario, ad esempio per prevenire il rigetto di un organo trapiantato
  • Lichen planus
  • Malattia del trapianto contro l’ospite (GVHD), che può svilupparsi dopo un trapianto di cellule staminali che coinvolge il midollo osseo
  • L’uso di marijuana, che studi recenti hanno suggerito può mettere le persone più a rischio di cancro alla testa e al collo

Chi si ammala di cancro orale o orofaringeo?

Il rischio di cancro orale e orofaringeo aumenta con l’età, sebbene anche le persone di età inferiore ai 55 anni possano sviluppare la malattia. L’età media alla diagnosi è di 62 anni, con due terzi delle persone con i tumori oltre i 55 anni.

Gli uomini hanno più del doppio delle probabilità rispetto alle donne di sviluppare un cancro orale o orofaringeo. Ciò potrebbe essere correlato all’uso massiccio di alcol e prodotti del tabacco, che è un importante fattore di rischio osservato più comunemente negli uomini che nelle donne.

Tipi di cancro orale e orofaringeo

Il cancro della bocca comprende i tumori delle labbra, delle gengive e della lingua. Il cancro del labbro è la forma più comune di cancro orale e può includere sia i tipi di cancro a cellule squamose che a cellule basali.

Il cancro della lingua, che si forma nei due terzi anteriori della lingua, di solito si sviluppa nelle cellule squamose ed è un cancro orale. Il cancro che si forma nel terzo posteriore della lingua è il cancro orofaringeo.

I tipi di cancro orale o orofaringeo possono includere:

  • Carcinoma a cellule squamose, che costituisce oltre il 90% dei tumori nella cavità orale (le cellule squamose rivestono la bocca e la gola)
  • Carcinoma verrucoso, un tumore a crescita lenta costituito da cellule squamose che raramente si diffonde ad altre parti del corpo ma può invadere i tessuti vicini
  • Carcinoma delle ghiandole salivari minori, che comprende carcinoma adenoide cistico, carcinoma mucoepidermoide e adenocarcinoma polimorfo di basso grado
  • Linfoma, che si sviluppa nei linfonodi e nel tessuto linfatico e si trova nelle tonsille e nella base della lingua

Tumori benigni (non cancerosi) e condizioni simili a tumori possono svilupparsi nella cavità orale e nell’orofaringe. Poiché queste condizioni possono svilupparsi in cancro, i tumori benigni vengono spesso rimossi chirurgicamente come forma di prevenzione del cancro. I tipi di lesioni benigne comprendono:

  • Granuloma eosinofilo
  • Fibroma
  • Tumore a cellule granulari
  • Karatoacantoma
  • leiomioma
  • Osteocondroma
  • lipoma
  • Schwannoma
  • Neurofibroma
  • papilloma
  • Condilomi acuminati
  • Xantoma verruciforme
  • granuloma piogenico
  • rabdomioma
  • Tumori odontogeni
  • Leucoplachia ed eritroplachia

Sintomi del cancro orale e orofaringeo

I primi sintomi del tumore a testa e collo e del cancro orofaringeo possono essere scambiati per altri problemi, come mal di denti o raffreddore.

Alcuni dei sintomi più comuni dei tumori orali e orofaringei:

  • Piaghe persistenti alle labbra o alla bocca che non guariscono
  • Dolore persistente alle labbra o alla bocca
  • Un nodulo o un ispessimento sulla guancia o sulle labbra
  • Una macchia bianca o rossa su labbra, gengive, lingua, tonsille o rivestimento della bocca
  • Mal di gola o sensazione persistente che qualcosa sia incastrato in gola
  • Difficoltà a masticare o deglutire
  • Difficoltà a muovere la mascella o la lingua
  • Intorpidimento della lingua o di un’altra area della bocca
  • Gonfiore della mandibola che fa male alla dentiera o si adatta male
  • Denti sciolti
  • Dolore ai denti o alla mascella
  • Cambiamenti di voce
  • Un nodulo al collo
  • Perdita di peso
  • Alitosi persistente
  • Mal d’orecchi persistente

Diagnosi dei tumori del cavo orale e dell’orofaringe

Molti tumori orali vengono rilevati dai professionisti della salute orale durante i controlli dentistici di routine. Prestare attenzione ai cambiamenti nella cavità orale è fondamentale per la diagnosi precoce, soprattutto per le persone che fumano regolarmente tabacco e bevono alcolici. Le cellule tumorali orali e orofaringee di solito non causano sintomi quando la malattia è nelle sue fasi iniziali.

Insieme a un esame clinico della bocca, altri strumenti utilizzati per diagnosticare il cancro orale o orofaringeo possono includere:

  • Rondine di bario, chiamata anche serie GI superiore
  • Biopsia, o biopsia incisionale o citologia esfoliativa
  • Esame dentale
  • Endoscopia
  • Scansione TC
  • risonanza magnetica
  • Scansione animale
  • Faringoscopia e laringoscopia indiretta
  • Panendoscopia
  • raggi X

Trattamenti per il cancro orale e orofaringeo

Secondo l’American Cancer Society, il tasso di sopravvivenza a cinque anni per il cancro del labbro, la forma più comune di cancro orale, varia dal 28% per il cancro che si è diffuso in parti distanti del corpo al 92% per il cancro che non si è diffuso oltre le labbra. I tassi di sopravvivenza per altre forme di cancro orale e orofaringeo variano a seconda della parte della bocca colpita.

Le opzioni di trattamento per il cancro orale e il cancro orofaringeo sono:

  • Chemioterapia
  • Radioterapia, compresa la radioterapia a fasci esterni (EBRT) e la brachiterapia
  • Chirurgia, inclusa la resezione del tumore per rimuovere un intero tumore
  • Terapie mirate, inclusi farmaci mirati ai recettori del fattore di crescita epidermico (EGFR)
  • Immunoterapia

Sport: l’attività fisica può contrastare la stipsi?

Da sempre problema taciuto e sottovalutato, la stipsi è un disturbo dell’intestino che provoca difficoltà  più o meno gravi nell’​espletamento delle funzioni intestinali. Comunemente detta “stitichezza”, ha le sue radici in una grande varietà di cause differenti, tali che una larga fetta della popolazione mondiale, diversificata per genere, età e provenienza geografica, ne soffre quasi abitualmente. Ma da tempo è chiaro che tra i consigli e i rimedi per la stipsi c’è anche – e non per ultimo – la pratica costante di sport e attività fisica: il moto, specie all’aria aperta, è sempre stato indicato come una pratica salutare per l’organismo ma la connessione con il benessere intestinale ha motivazioni profonde e merita un approfondimento.

 

Gli studi sulla gastroenterologia comportamentale

Sebbene la connessione positiva tra sport e salute intestinale sia conosciuta da tempo, è divenuta oggetto di studio da parte della comunità scientifica in tempi relativamente recenti. La gastroenterologia comportamentale è infatti una scienza nuova, che sfrutta l’interdisciplinarità delle sue competenze per comprendere a fondo l’impatto di uno stile di vita più o meno sano sulla funzionalità intestinale e, allo stesso tempo, il rapporto tra alcuni processi e fenomeni psichici (ansia, depressione, nervosismo) e lo stato di salute dell’apparato digerente. La connessione tra l’attività fisica e il modo in cui questa influisce sui processi intestinali è proprio uno degli aspetti più interessanti di questa disciplina medica: ecco alcune delle conclusioni che abbiamo dedotto da questi studi.

 

Un secondo cervello

La relazione tra sport e apparato digerente è molto più profonda di quanto comunemente si creda, e ha inizio in quello che tecnicamente si chiama “sistema nervoso enterico”: una sorta di “secondo cervello” che regola l’attività motoria gastrointestinale. Il sistema nervoso enterico è in grado di funzionare anche indipendentemente dal “vero” cervello, ovvero il sistema nervoso centrale, e si occupa della trasmissione di specifici segnali alle pareti dell’intestino – la muscolatura enterica – le quali, a loro volta, sono all’origine dei movimenti di contrazione e rilassamento che permettono all’intestino di svolgere le sue funzioni. Va da sé che quando c’è un problema al sistema nervoso enterico, ci sarà anche un problema “meccanico”, e l’intestino non lavorerà correttamente, generando – tra l’altro – anche episodi più o meno gravi di stipsi.

 

Un fenomeno in crescita

Sono molti i motivi per cui il nostro “secondo cervello” può non lavorare correttamente, e alcuni – innegabilmente – sono connessi a problemi che derivano dal “cervello numero uno”. Ansia, stress, nervosismo, cattive abitudini, stile di vita scorretto, ritmi di lavoro incessanti possono creare scompensi di vario tipo, che si ripercuotono anche sull’intestino. Da ciò si comprende facilmente come a soffrire di stipsi, perciò, non sia una piccola minoranza, ma una larga fetta della popolazione.

La stitichezza cronica affligge circa il 30% della società occidentale, con conseguente impatto sia nella qualità della vita sia nelle spese sanitarie di chi ne soffre. Ultimamente, inoltre, sembra che il fenomeno sia stato incrementato anche dai recenti sviluppi storici, che hanno visto l’insorgere della pandemia come un ulteriore motivo di stress per i cittadini, che ne hanno pagato le conseguenze anche attraverso i propri disordini intestinali: i casi di stipsi sono aumentati anche in relazione all’emergenza sanitaria.

 

Un alleato contro la stitichezza: lo sport

Fare attività fisica, però, può aiutare a risolvere alcuni problemi legati al sovraccarico di stress e, di conseguenza, è utile ad allentare anche il malessere intestinale. Gli studi condotti in materia hanno dimostrato che tra i soggetti che praticano attività fisica regolare, che si mantengono in forma e si allenano costantemente, l’incidenza della stitichezza è di gran lunga minore rispetto al campione di persone che hanno uno stile di vita sedentario. Molti esperimenti sono stati condotti per indagare anche la sponda opposta, ovvero lo stesso fenomeno da un altro punto di vista: si è accertata la correlazione tra ridotta mobilità e aumento della costipazione (non solo su periodi a lungo termine, ma anche in caso di interruzione dell’attività sportiva per brevi momenti).

Sport e stitichezza: alcune considerazioni finali

È bene qui ricordare che ogni problema di salute deve essere analizzato e contestualizzato dal parere di un medico, perché ogni organismo è diverso dall’altro e solo il giudizio di un esperto può fornire un’adeguata terapia. Ma su una questione non sembrano esserci dubbi: una regolare attività fisica – condotta nei limiti delle proprie forze, con costanza e senza sforzi eccessivi – è certamente fondamentale per la salute, non solo dell’intestino. La buona notizia è che, a grandi linee, è ininfluente il tipo di attività sportiva: in base ai casi, può essere efficace già solo una breve passeggiata all’aria aperta, condotta a passo svelto. In base ai gusti personali, inoltre, si può scegliere lo sport più adatto a soddisfare le esigenze di chi lo pratica. In questo modo non solo si avranno immediati riscontri nel benessere generale del proprio organismo, ma si otterranno prendendosi cura del proprio corpo in modo naturale, senza l’uso di farmaci o interventi.

Come curare e prevenire i dolori articolari

I dolori articolari sono sintomo di numerose condizioni patologiche e non. In qualche caso, il disturbo è il risultato di un semplice affaticamento o di infezioni dovuti ad esempio al virus influenzale; altre volte, questa manifestazione è la conseguenza di patologie a carico dell’articolazione stessa, delle strutture ossee o di legamenti, tendini, borse o parti molli circostanti.

Il dolore articolare può essere irradiato anche da una condizione neuropatica o da una patologia in un’altra articolazione.

Tra le cause più comuni rientrano traumi, artrite, fibromialgia, tendinite, gotta, artrosi e borsite. I dolori si possono manifestare con gonfiore, arrossamento, calore, rigidità articolare e perdita di funzionalità a carico dell’articolazione interessata.

Il dolore alle articolazioni può avere una durata transitoria e risolversi spontaneamente. Tuttavia, se questo sintomo è persistente e particolarmente grave, è sempre meglio consultare un medico, in modo da ottenere una diagnosi precisa. A seconda della causa scatenante dei dolori articolari, sarà indicato poi un trattamento mirato con prodotti specifici ad azione antinfiammatoria come Dicloreum in cerotti usato per trattare il dolore e l’infiammazione delle articolazioni.

Cause dei dolori articolari

Il dolore articolare può avere diverse origini:

  • Origine traumatica: quando il dolore si manifesta dopo un incidente, una caduta oppure un urto o un impatto a carico dell’articolazione. Ad esempio in caso di distorsioni, lussazioni, stiramenti o strappi muscolari.
  • Origine infiammatoria: quando il dolore deriva da un’infiammazione di parte di un’articolazione. Quando è interessata l’intera articolazione si parla di artrite infiammatoria, mentre se l’infiammazione colpisce i tendini si parla di tendinite.
  • Origine meccanica: quando il dolore deriva da una malformazione o da usura dovuta all’invecchiamento, come ad esempio nel caso dell’osteoartrite. L’osteoartrite, che inizia a manifestarsi in genere dopo i 50 anni di età e colpisce in modo particolare spalle, gomiti, polsi, mani, anche, ginocchia e piedi, è anch’essa una delle più diffuse cause di dolore articolare.
  • Origine infettiva: quando il dolore è associato a un virus (ad esempio il virus influenzale o il Chikungunya).
  • Depositi di cristalli: quando il dolore è causato dal deposito di urato di sodio nelle articolazioni, come nel caso della gotta.

In tutti i casi, se il dolore è accompagnato da gonfiore o rossore, se peggiora e persiste e in modo particolare se a questi sintomi si aggiunge la febbre, è opportuno consultare urgentemente un medico.

Sintomi dei dolori articolari

Il dolore alle articolazioni si associa, in genere, a modificazioni di volume, colore e temperatura in corrispondenza dell’articolazione coinvolta, che diviene gonfia, arrossata e calda. Inoltre, vi può essere o meno accumulo di liquido all’interno dell’articolazione (versamento articolare). La presenza di altri sintomi associati dipende dalle cause scatenanti.

Il dolore alle articolazioni può rivelarsi particolarmente fastidioso, oltre a provocare un peggioramento significativo nella qualità della vita, in termini di alterazione nel processo deambulatorio e compromissione nello svolgimento delle normali attività quotidiane.

In base all’eziologia, oltre alla sensazione dolorosa possono manifestarsi anche formicolio, bruciore, gonfiore e senso di intorpidimento.

A quali altri sintomi si associano?

I dolori articolari si manifestano in combinazione a sintomi generici, che poi diventano più specifici in base alla causa che li ha innescati.

Tra i sintomi associati al dolore alle articolazioni rientrano:

  • Difficoltà nei movimenti o nella deambulazione;
  • Rigidità articolare;
  • Affaticamento;
  • Debolezza muscolare;
  • Intorpidimento;
  • Ridotta sensibilità cutanea;
  • Sensazione di bruciore;
  • Pizzicore;

Quali sono i rimedi contro i dolori articolari?

La cura più efficace ai dolori articolari prevede di intervenire sulla causa scatenante. Farmaci antidolorifici e antinfiammatori possono essere assunti per ridurre il dolore articolare legato a artrite e artrosi. Bagni caldi, massaggi, sedute di fisioterapia, applicazioni con ultrasuoni e riposo sono alcuni dei rimedi suggeriti per combattere i dolori articolari. Scegliere, inoltre. un buon materasso antiacaro può essere la soluzione e alleviare i dolori articolari.

Dolori articolari, quando rivolgersi al proprio medico?

In casi di dolori articolari, si consiglia di rivolgersi a un medico in caso di:

  • dolore articolare che persiste per tre o più giorni, quando questo è associato a febbre, gonfiore o arrossamento della parte interessata
  • dolore acuto che rende difficoltoso il movimento
  • dolore successivo a trauma o contusione (in questo caso si consiglia di recarsi al più vicino pronto soccorso).

Perché prendersi cura del proprio corpo in modo naturale?

Nella società attuale prendersi cura del proprio corpo e dell’estetica ha una rilevanza innegabile, ma questo non deve precludere di rinunciare alla salute e al benessere.
La soluzione a questo è nel preferire prodotti nutrienti e biologici come ha confermato Eco Bio Boutique che si occupa di prodotti per la cosmesi e cura del corpo, evitando i prodotti nocivi non solo per la salute della pelle e del corpo, ma anche per l’atmosfera.

Negli ultimi anni il termine Bio è sempre più conosciuto, da tempo ormai la classificazione del Bio si sta sempre più affermando anche nel settore della cosmetica.
La pelle, rappresenta la parte più estesa del corpo, anche per questo soggetta a molto stress come ad esempio l’inquinamento dell’atmosfera, sole, caldo, vento, freddo e stress, tutti fattori che possono rappresentare una sofferenza per il suo benessere.

È bene ricordare che la pelle è come una vera e propria barriera di difesa contro ogni qualsiasi agente patogeno, riuscendo a regolare allo stesso tempo l’eliminazione di tossine e scorie.
Ciò rende indispensabile prendersene cura nel modo migliore possibile attraverso una corretta alimentazione e le giuste ore di riposo notturno, oltre che proteggerla, idratandola e nutrendola con rimedi naturali che garantiscono le sue importanti funzioni.

Con l’uso dei prodotti naturali si aiuta la pelle ad ottenere la giusta nutrizione e idratazione, aiutando inoltre in caso di necessità di lenire arrossamenti e bruciore.

Perché prendersi cura della pelle con metodi naturali e vantaggi

Alla domanda sul perché è importante prendersi cura della propria pelle con prodotti specifici volti ad idratarla, la domanda è del tutto semplice: essi permettono di offrire alla pelle il corretto nutrimento in maniera sana attraverso l’impiego di ingredienti naturali.
Quest’ultimi rappresentano un valido aiuto per contrastare l’invecchiamento precoce mantenendola sana.

Inoltre, soprattutto nella zona del viso, dove la pelle è più soggetta ad impurità, i prodotti naturali, permettono di pulirla a fondo evitando con il tempo la formazione di impurità, comedoni, punti neri, eczemi, dermatite e comedoni.

Usare prodotti naturali è importante perché funzionano senza danneggiare la pelle; ma c’ è un altro fattore non di meno importanza, sul quale è bene soffermarci, ovvero, i prodotti tradizionali di bellezza sono dei palliativi, che riescono a coprire eventuali imperfezioni, che in maniera inevitabile coinvolgono il corpo con l’avanzare dell’età.

Mentre con l’uso dei prodotti naturali si garantisce lo stato di salute della pelle e al contempo del corpo stesso.
Questi, infatti, sono prodotti che vengono realizzati con l’utilizzo di elementi naturali, con totale assenza di residui chimici e senza conservanti.

I comuni prodotti anche se apparentemente facevano ottenere degli ottimi risultati temporanei, con il passare del tempo possono essere cause di altre conseguenze negative per la pelle, cosa che non è possibile con l’uso di prodotti naturali.

Curare il proprio corpo in modo naturale senza nessun residuo chimico

Sono già molti anni che sul mercato sono presenti prodotti per il corpo realizzati al 100% naturali, con materie prime naturali, elementi organici ed estratti vegetali che non risultano essere nocivi per la salute del corpo.

Dalla cellulite alla pelle del viso, dalle creme per le mani ai detergenti per i capelli, chiunque sia uomini che donne di qualsiasi età, possono trovare nei prodotti biologici un valido e importante aiuto per la propria bellezza che è in diretto collegamento con la salute del corpo.

Basta soffermarsi a pensare alcuni elementi il cui beneficio è senza dubbio riconosciuto, per esempio il Burro di Karitè, il cui uso è consigliato nel moderno settore dermatologico e cosmetico, l’Olio di Camelia, i cui effetti benefici hanno permesso il suo uso per i capelli e il corpo e l’Olio di Mandorla, un toccasana valido per la pelle.

È quindi di rilevante importanza, considerare di prendersi cura del proprio corpo in maniera naturale, non solo per l’aspetto estetico, ma anche perché la loro azione sulla pelle priva di qualsiasi agente dannoso incide in modo positivo sull’ organismo, poiché elementi nutritivi e sani al 100% comportano un reale miglioramento naturale del proprio benessere.

Raccomandazioni finali

Detto ciò vogliamo concludere l’articolo con degli ultimi utili accorgimenti che possono risultare molto importanti verso tutti coloro che hanno deciso di affacciarsi a questo nuovo modo di curare non solo la bellezza ma la salute del corpo.

È utile quando si acquistano prodotti o cosmetici per il proprio corpo leggere attentamente gli ingredienti riportati sull’ apposita etichetta.
Facendo attenzione che non contengono componenti dannosi per la salute dell’ organismo come siliconi e parabeni, sostanze chimiche molto usate nell’ industria dei cosmetici.
In conseguenza alle cause provocate da tali sostanze è bene essere sempre attenti all’Inci, in modo da essere in grado di individuare se vi è presenza di componenti dannosi, dando precedenza ai prodotti biologici.

In commercio esistono molti prodotti naturali per prendersi cura del proprio corpo in modo sano, adatti per tutti le tipologie di pelle, compresa quella dei bambini che di sicuro è quella più sensibile e delicata, per questo è utile utilizzare quanto più possibile prodotti senza elementi chimici.

Meglio L’aria Di Mare O Di Montagna?

Quando si deve decidere dove andare in vacanza si è spesso accompagnati da un grande dilemma che da sempre accompagna la nostra vita: meglio andare al mare o in montagna? e quale aria è meglio?

In questo articolo proveremo assieme agli amici di https://angolosportivo.com di chiarire un po’ le idee per quanto riguarda questa scelta.

Prima però, è importante precisare che entrambi i luoghi sono in grado di apportare notevoli benefici al nostro fisico e alla nostra mente, ed è proprio da qui che nasce il dilemma.

Entrambi infatti, rappresentano luoghi ideali dove potersi rilassare e godersi l’aria pulita dopo un anno di lavoro.

La scelta è anche altamente soggettiva: alcune persone infatti, amano di più il mare e il sole, mentre altre preferiscono rinunciare a quest’ultimo per buttarsi a capofitto in passeggiate tra i boschi e rilassarsi all’aria fresca.

Per questo motivo, la scelta dipende in grande misura dai proprio gusti personali e dalle proprie esigenze.

Perché scegliere la montagna: i benefici

Se non si ama particolarmente il caldo e le spiagge affollate, allora la montagna è sicuramente il luogo ideale per trascorrere le proprie vacanze.

Rispetto al mare, la montagna è in grado di offrire aria pulita e fresca e sicuramente un maggiore relax, in quanto consente di sfuggire dal caos della città.

Ci si allontana infatti notevolmente dall’aria inquinata che si respira in città e si respira solo aria pulita, che riesce ad apportare maggiore ossigeno ai muscoli e anche ad apportare benefici a tutti coloro che soffrono di problemi respiratori.

Inoltre, la montagna risulta essere particolarmente indicata per individui soggetti a reazioni allergiche, in quanto ad alcune altitudini la presenza di acari e batteri è molto più ridotta.

Vediamo più nello specifico quali sono i benefici che si possono ottenere da una vacanza in montagna:

Natura.

Il contatto con la natura costituisce probabilmente uno dei benefici più belli e importanti che la montagna è in grado di offrire: basti pensare ai colori dei cielo azzurro, dei prati, dei fiori…è dimostrato scientificamente che passeggiare nel bel mezzo della natura è in grado di favorire il relax e il tono dell’umore.

Meno stress.

Soprattutto per chi si ritrova tutto l’anno a vivere in città, la montagna è particolarmente indicata, in quanto consente di allontanarsi dal caos della città e rilassarsi in luoghi silenziosi e tranquilli.

Più sport.

La montagna risulta essere particolarmente indicata per i più dinamici, in quanto offre la possibilità di svoglere attività sportive come trekking o passeggiate in bici.

Lo sport all’aria aperta è una cosa fantastica.

Niente insetti.

Ultimo beneficio, ma non per importanza, riguarda gli insetti.

Soprattutto durante il periodo estivo, gli insetti in città e al mare rappresentano una fonte di disturbo non indifferente.

In montagna invece, è cosa veramente rara imbattersi in essi.

Qui è possibile vedere tutti i benefici dell’allenamento in montagna.

Per conoscere invece le migliori attività da poter svolgere con bambini in montagna, vi rimandiamo a questo articolo dedicato.

I benefici della vacanza a mare

Per gli amanti dell’acqua e del sole invece, niente di meglio di una bella vacanza al mare.

Soprattutto per chi vive in città fredde durante l’anno, il mare rappresenta senza dubbio la scelta migliore.

Infatti, i benefici apportati da quest’ultimo sono altrettanto numerosi e importanti, avendo così poco da invidiare alla montagna.

L’acqua infatti è in grado di apportare numerosi benefici all’organismo e il mare è senza dubbio il posto migliore dove poter prendere il sole, risultando così particolarmente utile per chi soffre di carenze di vitamina D.

L’aria di mare inoltre, è in grado di apportare benefici alla respirazione, in quanto risulta essere efficace per contrastare i sintomi derivanti da asma e reazioni allergiche.

I vantaggi che il mare è capace di offrire rientrano appieno nella talassoterapia.

Vediamo ora quali sono i principali vantaggi che si possono ottenere con una vacanza al mare.

Migliora la circolazione.

E’ scientificamente provato infatti che attraverso una passeggiata in riva al mare si possa migliorare la circolazione, stimolando in maniera efficace il sistema linfatico.

Benefici per le ossa.

Il mare infatti, grazie alla sua composizione, risulta essere in grado di alleviare i dolori alle ossa e donare ad esse maggiore mobilità.

Produzione di vitamina D.

Il sole infatti, risulta essere una delle principali fonti di vitamina D, nonché la più importante. Essa apporta benefici anche al sistema immunitario, innalzando le difese.

Riduce ansia e depressione.

Il mare è il miglior antidepressivo che esista.

L’insieme di sole, acqua e sabbia infatti, risulta essere un vero toccasana per l’umore.

In particolare il suono delle onde e del mare stesso, hanno la capacità di garantire uno stato di relax e favorire il rilascio di importanti ormoni, come la serotonina.

Psicoterapia individuale: comprendere e curare il Disturbo da Accumulo

A cura della psicologa psicoterapeuta Dott.ssa Stefania Ciaccia

Un ambito della psicologia che solo recentemente ha iniziato a essere studiato e curato nella psicoterapia individuale è certamente quello legato al disturbo da accumulo (Hoarding Disorder).

Sicuramente gran parte della sua fama è dovuta ad alcuni programmi televisivi, che hanno portato alla luce la realtà di un disturbo che, ben pensandoci, è molto più vicina alla nostra quotidianità di quanto non si possa pensare.

Infatti, sembra ne soffra tra il 2 e il 5% della popolazione.

E riflettendoci, probabilmente ognuno di noi conosce (o forse non sa di conoscere) qualcuno che pensiamo aver troppe “cose” sparse in casa, oggetti di diversa natura che rendono il passaggio scomodo, o magari irraggiungibili alcuni mobili, per non parlare degli alimenti scaduti

Abbiamo già analizzato alcuni lati di questo disturbo in un precedente articolo, qui vorrei soffermarmi invece su tratti certamente non secondari dell’Hoarding Disorder, come la sua insorgenza e il trattamento nel mondo della psicoterapia individuale.

 L’insorgenza del disturbo

Categorizzare in modo corretto l’Hoarding Disorder non è semplice: innanzitutto, questo compare solamente nell’ultima versione del manuale diagnostico utilizzato da tutto il mondo psicologico (il DSM-V) come disturbo con caratteristiche proprie.

In precedenza, veniva visto come un tratto appartenente ad altri disturbi (ossessivo-compulsivo, di personalità, schizofrenia) con i quali condivide effettivamente alcune caratteristiche.

Inoltre, è difficile riconoscere “un disturbo”, poiché la maggior parte delle persone vive una vita apparentemente normale e sicuramente non pensa di avere bisogno della psicoterapia individuale.

Una caratteristica che sembra però comune nel disturbo da accumulo è la presenza di un evento traumatico al quale la persona sembrava, almeno in un primo momento, non aver avuto nessuna reazione psicologica particolare.

Buttare o non buttare?

Qualche anno fa, vidi un mio amico smontare da una chitarra rotta, le meccaniche (le placche e viti metalliche che si trovano in cima al manico e al quale si legano le corde): “cosa penserà mai di farne?” Mi domandai…

Circa un anno dopo, nel doposcuola dove lavoravo, un bambino piangeva: la sua chitarra era caduta, rompendo – guarda caso – proprio un paio di queste meccaniche.

Gli dissi di lasciarmi la chitarra, avrei saputo da chi farla sistemare.

In questo caso, conservare le meccaniche ha permesso di riparare la chitarra. Quindi il ragionamento del mio amico è da accumulatore o no?

Tenere o non buttare qualcosa, non è sbagliato o patologico a prescindere, il problema sorge quando le “cose” sono veramente inutili o inutilizzate, di dubbia igiene e provenienza e così tante da soffocare l’abitazione della persona.

La categorizzazione degli oggetti

La difficoltà a decidere la sorte di questi beni è dovuta in gran parte al problema che un accumulatore fatica ad assegnare un valore economico ed emotivo all’oggetto stesso.

Come nel caso della chitarra, anche qui esiste una componente di normalità: si può avere a cuore un ciondolo regalatoci dai nostri nonni, più strano tenere come ricordo un loro paio di calzini rotti.

Il trattamento dell’accumulo

Visto che solo recentemente l’accumulo seriale ha raggiunto una certa “fama”, altrettanto nuovi e in via di sviluppo sono i trattamenti volti a curare il problema.

Se la farmacologia non ha rivelato buoni risultati, un’ottima efficacia si è avuta invece con la psicoterapia individuale cognitivo comportamentale, che lavora solitamente su un doppio fronte.

Da un lato il focus è sulla modifica delle convinzioni errate riguardo ad esempio la natura, il valore e la possibilità di tenere o gettare determinate cose. A questo proposito, va sempre ricordata e ricercata in studio la motivazione profonda che ha provocato o che mantiene in vita il disturbo.

Da un altro lato, il lavoro con la psicoterapeuta prevede una graduale esposizione a situazioni di difficile gestione per un accumulatore, elaborando strategie alternative, lavorando sulla sua capacità di dare un valore e uno scopo (anche in prospettiva) a un oggetto.

Infatti, “aiutare la persona a liberarsi dagli oggetti” senza un lavoro più approfondito comporta sempre un alto rischio di ricaduta.

L’ansia da prestazione: cos’è e come risolverla

Capita a tutti, almeno una volta nella vita, di aver paura di fallire. Succede all’università, quando si sta preparando un esame importante o magari prima di discutere la propria tesi di laurea. Succede prima di un colloquio di lavoro. Succede anche quando si è già professionisti esperti e magari si deve per la prima volta fare un discorso in pubblico, spiegando i propri risultati. Succede nelle relazioni e in amore.

Provare un certo grado di ansia è fisiologico e normale.

L’ansia, infatti, è un’emozione naturale e adattiva, che ci aiuta a prepararci a dare il meglio di noi in alcune situazioni. È uno stato di tensione emotiva che ci spinge ad agire per affrontare un pericolo, innescando la tipica reazione attacco-fuga.

Quando, però, sperimentiamo una forte agitazione, un nervosismo estremo, significa che l’ansia ha superato il livello di guardia ed è diventata disfunzionale.

In quel caso parliamo di disturbo d’ansia da prestazione.

I sintomi dell’ansia da prestazione: come riconoscerla

Quali sono i segnali che ci mettono in guardia e permettono di riconoscere l’ansia da prestazione?

Innanzitutto, bisogna sottolineare che l’ansia da prestazione ha a che fare con la preoccupazione eccessiva riguardo alla propria performance in un dato ambito. Chi soffre di questo disturbo, ha il costante timore di non essere all’altezza di una certa situazione ed è proprio questa paura a determinare quello che viene chiamato blocco della performance.

I sintomi più frequenti sono:

  • Sudorazione eccessiva
  • Malessere fisico
  • Tachicardia e palpitazioni
  • Tremori
  • Sensazione di bocca secca
  • Difficoltà a concentrarsi e a ricordare
  • Voce arrochita
  • Mal di testa
  • Insonnia
  • Nausea

Se non correttamente trattata, l’ansia da prestazione può sfociare anche in disturbi d’ansia più gravi o veri e propri disturbi dell’umore, che compromettono in modo significativo il benessere del singolo. In molti casi, l’ansia da prestazione porta a sviluppare un meccanismo di evitamento.

Ciò significa che, anziché affrontare ciò di cui abbiamo paura, cominciamo a evitarlo sistematicamente. Questa, almeno all’inizio, può sembrare una buona strategia. Ma a lungo andare ci si rende conto di come, in realtà, l’ansia cresca sempre di più e ci impedisce di andare avanti, di proseguire nel nostro cammino.

Ci paralizza completamente.

Tipi di ansia da prestazione

Come illustrato in questo articolo sul blocco della performance dello psicologo Manuel Marco Mancini, esistono diversi tipi di ansia da prestazione.

Blocco del perfezionista: quando spingere al massimo ci blocca

Uno dei più diffusi è sicuramente il cosiddetto blocco del perfezionista. Questo blocco si verifica quando il soggetto cerca in ogni modo di spingersi oltre il proprio limite nel tentativo mai realizzato e realizzabile di raggiungere la perfezione. Punta sempre più in alto, non si accontenta mai tanto che finisce con il bloccarsi. In alcuni casi il blocco del perfezionista avviene perché l’individuo aspetta sempre che ci siano le condizioni migliori per agire o per fare qualcosa, senza partire mai. Con questo tipo di atteggiamento, ogni decisione da prendere diventa uno scoglio, rendendoci la vita impossibile.

Blocco dello studente: l’ansia da esame e la mente vuota

C’è poi il blocco dello studente, quello che sperimentano tanti ragazzi impegnati nello studio, sia a scuola, sia all’università. Ci si prepara al meglio, si studia giorno e notte in vista di un compito particolarmente difficile o di quell’esame su cui puntiamo tutto, pensando ne valga della nostra carriera universitaria. E poi, quando siamo di fronte al docente oppure al foglio bianco dove dovremmo scrivere, abbiamo il vuoto in testa.

Non ci sembra di ricordare più nulla.

Il blocco dello studente si ha anche quando non si riesce a concentrarsi e a memorizzare quello che si studia. Anche se si passano ore sui libri, sembra di non aver appreso nulla. Si finisce con leggere capitoli e capitoli, senza riuscire poi a farsi entrare in testa anche un solo concetto. Ci si sente demotivati, incapaci. I pensieri auto-svalutanti affollano il cervello. Alla fine l’ansia che si prova è così grande che spesso non si riesce neppure a presentarsi all’esame.

Blocco dell’atleta e performance sportiva

Altro classico caso di ansia da prestazione è quello del blocco dell’atleta. Questo tipo di blocco può derivare da una vasta serie di cause. Magari un infortunio che ferma lo sportivo per un periodo, costringendolo a una lunga riabilitazione e a un successivo ritorno in pista. Oppur la sostituzione dell’allenatore con cui si era creato un feeling. O ancora il problema può sorgere in seguito a una sconfitta che demoralizza l’atleta e lo induce a non credere più in sé stesso e nelle proprie capacità. Il blocco può insorgere in fase di allenamento o durante la performance stesso, durante una gara. Quando interviene questo tipo di problema, che ha natura psicologica, il talento e la tecnica non contano. È necessario ritrovare la motivazione e la fiducia in sé.

Ansia da prestazione sessuale: la paura di non soddisfare il partner

C’è poi l’ansia da prestazione sessuale, che insorge prima di un rapporto e può colpire non soltanto gli uomini ma anche le donne. Chi soffre di questo disturbo, vive l’intimità come un esame da superare e ha un gran timore del giudizio dell’altro. Teme sempre di non riuscire a soddisfare il proprio partner, di deluderlo con una prestazione imbarazzante.

Tutto questo impedisce al soggetto di vivere in modo sereno quella che dovrebbe essere un’esperienza piacevole, di profonda connessione con l’altro. Le conseguenze dei pensieri ansiosi portano inevitabilmente al fallimento temuto. Si sperimenta un calo del desiderio sessuale, una difficoltà negli uomini a ottenere e mantenere l’erezione durante il rapporto e nelle donne una difficoltà a raggiungere l’orgasmo.

Spesso, come raccontato in questo articolo di Repubblica, l’ansia da prestazione si manifesta proprio al primo rapporto, quando si è inesperti e insicuri e non si sa bene cosa fare.

Paura di parlare in pubblico

Un’altra forma di ansia da prestazione piuttosto comune e sperimentata da molte persone è la paura di parlare in pubblico. Quando ci si trova di fronte a un uditorio composto da più persone, la lingua ci si annoda, cominciamo a sudare copiosamente, balbettiamo, non ricordiamo più cosa volevamo dire, ci sentiamo il cuore in gola per quanto è accelerato il nostro battito. E temiamo che chi ci ascolta si accorga del nostro terribile disagio in quella situazione. Risultato? Non riusciamo a esprimerci come avremmo voluto né a trasmettere quei contenuti e quelle informazioni di valore che avevamo preparato tanto bene nei giorni precedenti.

Ci blocchiamo.

Non dipende da quanto siamo padroni della materia o esperti nel campo. È tutta una questione mentale.

Ansia da prestazione e profezia che si auto-realizza

Ciò che accomuna tutte queste diverse situazioni è il meccanismo sottostante che porta al fallimento: quello della profezia che si auto-realizza. Spinti dall’ansia crescente, infatti, alimentiamo tutta una serie di pensieri negativi che si amplificano sempre di più: “non ce la farò mai, non sono all’altezza, non ne sono capace, sicuramente fallirò”.

Poi, puntualmente, quello che abbiamo temuto, si verifica.

Non riusciamo a far partire quel progetto. Andiamo male a quell’esame. Perdiamo quella gara importante. Quella notte di fuoco con la nostra nuova fiamma finisce in cenere. Il nostro discorso in pubblico di fronte ai colleghi si rivela un fiasco colossale. E ci convinciamo che avevamo proprio ragione, non siamo buoni a nulla. Di questo passo, il problema si cronicizza.

Se non rompiamo il circolo vizioso, finiremo con il creare una spirale negativa che ci porterà sempre più in basso.

Sono le nostre aspettative negative a frenarci, impedendoci di mettere a frutto le nostre energie e risorse, le nostre capacità.

Cosa fare allora per superare l’ansia da prestazione?

Ansia da prestazione: come risolverla

Se l’ansia diventa disfunzionale e ci impedisce di vivere in modo sereno e di affrontare le sfide che quotidianamente la vita ci mette davanti, il consiglio più utile è quello di rivolgersi a un esperto qualificato, uno psicologo o uno psicoterapeuta che sia in grado di accogliere e ascoltare il suo disagio, indirizzandoci verso l’uso di particolari tecniche che possono alleviare i sintomi dell’ansia e aiutare a ritrovare la serenità necessaria a superare le difficoltà.

Spesso si utilizzano tecniche di meditazione e yoga per indurre il rilassamento, ritrovare il proprio equilibrio e riuscire a ottenere la performance desiderata. Si lavora sia sull’ansia in generale sia sul tipo specifico di blocco vissuto dal paziente, cercando di mettere a spunto delle strategie specifiche e di suggerire nuove modalità di pensiero per uscire dallo schema che porta a ripetere sempre gli stessi errori, mantenendo e aggravando il problema.